La Prevenzione della Patologia Cardiovascolare Aterosclerotica e del Diabete Mellito di tipo 2
Il notevole incremento della prevalenza della patologia cardio-vascolare aterosclerotica (ASCVD) e del diabete mellito tipo 2 (DMT2) rende necessaria l’identificazione precoce dei soggetti a rischio metabolico, al fine di elaborare strategie preventive.
Le linee guida (LG) recentemente prodotte dall’Endocrine Society si concentrano sulla gestione comportamentale, nutrizionale e medica, nella fascia di età compresa tra 40 e 75 anni.
Si sottolinea l’importanza di:
assicurare nel corso delle visite mediche, a tutti i soggetti, la misurazione di pressione arteriosa (PA), circonferenza vita (CiV), profilo lipidico e glicemia.
Definizione e gestione del rischio metabolico
Si raccomanda la misurazione della CiV come parte integrante dell’esame obiettivo. Numerosi studi indicano che la CiV sia un predittore di ASCVD e DMT2 migliore del peso corporeo e del BMI.
Si suggerisce lo screening durante la visita medica delle cinque componenti del rischio metabolico:
- PA sistolica ≥ 130 mmHg o PA diastolica ≥ 80 mmHg;
- CiV ≥ 102 cm negli uomini e ≥ 88 cm nelle donne (nella popolazione asiatica, rispettivamente, ≥ 90 e ≥ 80);
- trigliceridi ≥ 150 mg/dL;
- HDL < 40 mg/dL negli uomini e < 50 mg/dL nelle donne;
- pre-diabete: glicemia a digiuno ≥ 100 e < 126 mg/dL (impaired fasting glucose, IFG) o glicemia 2 ore dopo OGTT (da eseguire in caso di precedente IFG) ≥ 140 e < 200 mg/dL, o HbA1c ≥ 5.7% e < 6.4% (è richiesta la conferma con un secondo campione di sangue).
Il riscontro di almeno tre componenti identifica un paziente a rischio metabolico.
In questi pazienti è raccomandato:
- stratificare il rischio aterosclerotico a 10 anni (nella realtà italiana con le carte del Rischio Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, NdR);
- terapia di prima linea: modifiche dello stile di vita, compresa attività fisica giornaliera con intensità e durata da modulare in base alle comorbilità, dieta sana, riduzione ≥ 5% del peso corporeo nel primo anno (se è presente eccesso ponderale definito dal BMI e/o dalla CiV), restrizione dell’apporto di sodio e alcool, cessazione del fumo.
Ci sono evidenze consolidate che un calo ponderale di almeno il 5% riduca in maniera significativa i livelli glicemici, lipidici, pressori e di conseguenza l’incidenza di DMT2, con miglioramento sulla salute CV globale. In presenza di almeno un fattore di rischio, si raccomanda di ritestare ogni tre anni il rischio metabolico.
Gestione dei lipidi
Per valori di colesterolo LDL ≥ 190 mg/dL o trigliceridi ≥ 500 mg/dL, escludere cause secondarie di iperlipemia: ipotiroidismo non trattato, sindrome nefrosica, insufficienza renale, colestasi, pancreatite acuta, abuso alcolico, gravidanza, PCOS, trattamento con estrogeni/contraccettivi orali, anti-psicotici, glucocorticoidi, ciclosporina, inibitori delle proteasi, retinoidi, ß-bloccanti.
È noto che il decremento di LDL di 38.7 mg/dL riduce il rischio CV del 22% (2).
Raccomandazioni:
- LDL ≥ 190 mg/dL: statina ad alta intensità (rosuvastatina 20-40 mg/die o atorvastatina 40-80 mg/die) al fine di ottenere riduzione ≥ 50%;
- LDL 70 – 189 mg/dL:
- rischio CV a 10 anni ≥ 7.5%: statina ad alta intensità con l’obiettivo di ottenere LDL < 100 mg/dL o riduzione
≥ 50%; - rischio CV a 10 anni 5-7.5%: considerare statina a moderata intensità, con l’obiettivo di ottenere LDL < 130 mg/dL o riduzione del 30-50%; ◦ individui > 75 anni con rischio CV a 10 anni ≥ 7.5%: discutere con il paziente il rapporto rischio/beneficio della statina. Nel caso si opti per la terapia, considerare una statina a bassa intensità, che consenta di raggiungere LDL < 130 mg/dL o riduzione del 30-50%.
In corso di terapia con statina in pazienti a rischio metabolico, si suggerisce monitoraggio della glicemia almeno annuale.
In individui a rischio metabolico in terapia con statine, suggeriamo di considerare l’aggiunta di fenofibrato per valori di trigliceridi ≥ 200 mg/dL e HDL ≤ 50 mg/dL nelle donne e ≤ 40 mg/dL negli uomini, anche se LDL è adeguato. Il gemfibrozil non deve essere combinato alle statine per l’elevato rischio di miopatia. Una recente metanalisi ha mostrato una riduzione del 35% del rischio di eventi CV maggiori grazie all’assunzione di fibrati in individui con ipertrigliceridemia e basso HDL.
Pressione arteriosa
Per valori di PA > 130/80 mmHg:
- rischio CV a 10 anni ≤ 10%: modifiche dello stile di vita (perdita di peso, dieta sana, restrizione del sodio, aumento dell’introito di potassio – dose raccomandata 3500-5000 mg/die -, incremento dell’attività fisica e moderazione dell’uso di alcool);
- rischio CV a 10 anni > 10%: solo in caso di fallimento delle modifiche dello stile di vita si suggerisce l’aggiunta di anti-ipertensivi.
È noto che i diuretici tiazidici e/o i ß-bloccanti possono peggiorare l’insulino-resistenza e la tolleranza glucidica in pazienti con sindrome metabolica, ma è recentemente emerso che il carvedilolo e il nebivololo hanno effetti neutri o addirittura favorevoli sul profilo metabolico se paragonati ai tradizionali ß-bloccanti. Pertanto, possono essere considerati come opzione nel trattamento dell’ipertensione nell’ambito della sindrome metabolica.
Riduzione della progressione verso DMT2
Il pre-diabete è definito indifferentemente attraverso 3 parametri:
- glicemia a digiuno: è poco costosa, ma riflette lo stato glicemico in un solo momento;
- glicemia due ore dopo OGTT: alcuni studi suggeriscono che sia un predittore di mortalità CV migliore rispetto alla glicemia basale, pur essendo più costosa;
- HbA1c: ha il vantaggio di poter essere eseguita anche non a digiuno, ma ha noti limiti; l’incidenza annuale di DMT2 aumenta dal 3% per HbA1c di 5.7% al 9.5% per HbA1c di 6.5%.
In individui con pre-diabete si suggerisce di testare almeno annualmente la progressione a DMT2 e si raccomandano modifiche dello stile di vita prima di intraprendere una terapia farmacologica. In caso di mancata risposta a tali modifiche (dopo 3-6 mesi, NdR), si raccomanda di intraprendere terapia con metformina come primo approccio farmacologico, al fine di ridurre i livelli glicemici. Tale raccomandazione scaturisce dall’evidenza che la metformina riduce la conversione da pre-diabete a DMT2 di circa il 30% in 4 anni, con effetti anche a lungo termine.
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